BY: Luigi Panella
Roma, maggio 1967: un uomo alto più di due metri scende da un aereo proveniente da New York. Gli restano altezza, orgoglio, anima, poco altro: il volto ormai sembra una maschera, rappresentazione tragica di un fisico devastato dalla malattia. E' persino difficile riconoscerlo, Primo Carnera, lui che è stato il campione del mondo dei pesi massimi.
Eppure, nonostante sia passato tantissimo tempo dai fasti gloriosi, una folla enorme va ad accoglierlo. Perché, anche se forse non stato il più grande pugile della storia della boxe italiana (Duilio Loi, Bruno Arcari, Nino Benvenuti sono considerati superiori dalla critica), Carnera ne è stato il mito assoluto, l'inarrivabile, la punta di un iceberg in un'epoca in cui salire sul ring rappresentava uno stile di vita, un mezzo di emersione dalla povertà. In quel giorno di maggio ormai è un uomo gracile, si sforza di sorridere, ma sta per compiere l'ultimo passo: ormai in pianta stabile negli Stati Uniti, sa di dover morire e sceglie l'Italia per il momento estremo, che arriverà pochi giorni dopo, il 29 giugno.
SOURCE: http://www.repubblica.it/
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