Natalia Quintavalle: “Al Metropolitan ora i sottotitoli sono in italiano”

Jan 27, 2013 1237

Natalia Quintavalle, lei è console generale d'Italia per gli Stati di New York, Connecticut e Bermuda da un anno e mezzo. Come giudica questa esperienza?


«Stimolante. Conoscevo New York soltanto vista dalle Nazioni Unite. Ho potuto così conoscere le autorità locali come il sindaco, il governatore dello Stato, alcuni membri del Congresso e poi una gran parte degli imprenditori italo-americani e naturalmente tutte le istituzioni e le attività culturali. È un lavoro molto arricchente e, considerato che il personale del Consolato è molto efficiente, posso dedicare parecchio tempo alla promozione dell'immagine italiana».

Ci sono molti italiani a New York?


«Gli oltre 70 mila iscritti all'Aire e poi il milione, ma io penso di più, di italo-americani. Inoltre c'è molto passaggio: turisti, studenti, professionisti, ricercatori. C'era stato un calo per un certo periodo, ora no».

Si trova facilmente lavoro?


«Tendenzialmente no, se non si ha un'idea precisa, ma a chi fa ricerca, per esempio, spesso viene proposto di fermarsi a lavorare qui».

Gli italo-americani che rapporto hanno con il Consolato e con l'Italia?


«Contatti frequenti, soprattutto le associazioni maggiori, a carattere tematico. L'associazione degli avvocati o delle donne, poi quelle regionali, tutte quelle che si occupano degli eventi per italo-americani. Alcuni parlano italiano, altri si sforzano, altri no. Tornano frequentemente in Italia, hanno un rapporto stretto anche se forse non un'immagine del tutto realistica del Paese di oggi. Detto questo, è superata l'idea dell'Italia com'era 60 anni fa: i viaggi, la tv, le immagini ne hanno fatto cambiare la percezione. E anche qui, quello che rimane un po' dello stereotipo dell'italo-americano del New Jersey sta scomparendo. L'italiano oggi è accolto come un qualsiasi altro europeo».

Hanno successo in America?


«Sì, soprattutto in campo medico e della ricerca. Sono anche forti negli affari e nell'avvocatura. All'università vi è una presenza importante e vi è un rapporto fluido tra atenei italiani e americani ma forse si potrebbe integrare meglio».

La lingua italiana viene studiata?


«Lo studio dell'italiano è in ripresa rispetto ad altre lingue europee come francese o tedesco. Vi è un grandissimo sforzo da parte del governo italiano affinché l'insegnamento dell'italiano venga promosso sia a livello universitario sia di scuola primaria».

E l'enogastronomia è apprezzata?


«È uno dei nostri punti di forza. C'è anche un'associazione, "Mangia sano e parla italiano" in cui si impara a cucinare e a parlare italiano. A New York gli americani associano sempre più la buona cucina a quella italiana, inoltre c'è stato il grandissimo successo di Eataly, che ha avvicinato il grande pubblico ai prodotti italiani e ha cambiato il modo di mangiare anche tra gli italo-americani. Un tempo la cucina italiana era piuttosto elitaria, oggi invece sta diventando molto più popolare».

E il settore della moda?
«C'è una grossa presenza. Basta vedere quante firme ci sono e quanti negozi a New York. Ma c'è anche una ripresa di piccole e medie imprese che vengono a vendere prodotti di qualità per un pubblico più ampio».

Quali grandi eventi ci saranno a New York?


«Il 2013 è l'anno della cultura italiana negli Usa. Lo abbiamo inaugurato introducendo un'importante innovazione al Metropolitan, i sottotitoli in italiano. Era una mancanza grave per le opere, che sono in gran parte italiane o in lingua italiana. In campo musicale ci sarà molta opera, e poi tre giorni di jazz a giugno con i maggiori jazzisti italiani, e verrà proiettato anche un film, a cura di Renzo Arbore, in cui si vede quanti jazzisti italiani hanno lavorato negli Stati Uniti senza che il mondo lo sapesse davvero. In campo artistico verranno portati capolavori negli Stati Uniti, che vengono ad aggiungersi a quelli che ci sono già nei maggiori musei di New York, e questo anche a Hartford nel Connecticut. Vi sarà molto teatro, moltissima letteratura, verranno celebrati Machiavelli e Calvino e vi saranno anche eventi dedicati alla tecnologia, molto importante in Italia nel campo del recupero e nel restauro delle opere d'arte».

Quali sono i rapporti con l'amministrazione americana?


«Il consolato non ha rapporti politici con il governo federale, che sono gestiti dall'ambasciata, ma i rapporti con il governatore Cuomo o con il sindaco Bloomberg o con i vari eletti locali sono ottimi e anche con i presidenti dei vari quartieri».

Come è vista l'Italia da New York?


«Dopo l'esperimento del governo Monti, l'Italia ha recuperato fiducia e c'è maggiore serenità nei riguardi del nostro Paese. Ora come consolato siamo impegnatissimi a far votare i nostri italiani. C'è molta attenzione: molti si domandano quale sarà l'assetto post elettorale, ma in modo molto meno preoccupato e più tranquillo di quanto non succedesse un anno e mezzo fa. Con l'imminente scadenza delle elezioni, ora è importante raggiungere tutte le persone possibili che devono ricevere il materiale per poter votare in tempo utile. E poi ci concentreremo sull'anno della cultura italiana negli Stati Uniti».

di Alain Elkann

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