Diritti e cultura negli appuntamenti per i prossimi mesi

Sep 16, 2014 1757

di Francesca La Marca

Le settimane che verranno, dal punto di vista degli italiani all'estero, saranno scandite da due momenti molto significativi. Il primo è quello della definitiva conferma della decisione di svolgere entro l'anno le elezioni per il rinnovo dei COMITES, dopo tre rinvii e cinque anni di attesa. Il secondo riguarda gli Stati generali della lingua italiana nel mondo, che si dovrebbero svolgere a Firenze il 21 e 22 di ottobre alla presenza dello stesso Presidente del Consiglio.


La decisione di rinnovare finalmente la composizione dei COMITES e, a seguire, quella del CGIE è stata già sancita in un decreto legge che è già operativo e che per diventare definitivo attende la conversione in legge da parte del Parlamento. Il decreto è quello, per sua natura delicato, riguardante le missioni internazionali dell'Italia, nel quale, come spesso accade nella prassi normativa dei governi, si è trovato uno spazio anche per un argomento molto eterogeneo, qual è quello della rappresentanza degli italiani all'estero.

Qualcuno ha storto il muso per questo abbinamento, esprimendo la preferenza di una trattazione distinta. Potendo scegliere, chi non l'avrebbe voluta? Ma forse si trascura il fatto, o si finge di ignorare, che l'unico modo per rispettare l'impegno di tenere le elezioni dei COMITES entro il 2014, sancito per altro da una legge in vigore, è stato quello di inserire la decisione in un provvedimento che aveva una corsia preferenziale a livello parlamentare e che quindi avrebbe consentito di stare nei tempi tecnici necessari per procedere all'adempimento.


Ho sentito dire in questi giorni, anche da parte di amici autorevoli, che sarebbe stato preferibile votare sì, ma dopo avere fatto la riforma dei COMITES. Anche in questo caso, chi non l'avrebbe voluto? Francamente, però, credo che ognuno, prima di mettersi d'accordo con gli altri, dovrebbe mettersi d'accordo con se stesso. Non si può chiedere contemporaneamente di scongelare l'esercizio democratico degli italiani all'estero votando entro il 2014 e poi aggiungere: "ma nessuno si muova prima di avere riformato la legge sui COMITES". C'è qualcuno che in buona fede possa pensare, infatti, che si poteva scongiurare un quarto e letale rinvio e nello stesso tempo riformare gli organismi di rappresentanza con i tempi del Parlamento italiano?

Chi non vive sulla luna, poi, sa bene che in questi ultimi anni tentativi di riformare questi organismi ce ne sono stati, ma tutti in direzione opposta alle nostre aspettative. Mi riferisco alla proposta sponsorizzata nella scorsa legislatura dal Sottosegretario Mantica che tendeva a limitare il numero dei COMITES, anticipando quello che è avvenuto per i consolati, e a svuotarli delle loro funzioni di controllo delle decisioni riguardanti le nostre comunità. Mi riferisco, ancora, all'idea avanzata appena qualche mese fa dall'amministrazione del MAE di eliminare un terzo dei COMITES esistenti nel mondo per ragioni di risparmio. Un'ipotesi sventata per la dura risposta del CGIE e per l'impegno dei parlamentari eletti all'estero, in particolare di quelli della maggioranza.


D'altro canto, della rappresentanza degli italiani all'estero si sta già parlando – e parecchio – nell'ambito del confronto sulla riforma costituzionale, in particolare a proposito delle funzioni e della composizione del Senato. Finora si è fatto solo un primo passo, tra non lievi difficoltà, e altri sarà necessario farne. Uno dei punti per noi aperti è proprio quello della reintegrazione nel Senato delle autonomie della componente rappresentativa dei cittadini all'estero, purtroppo esclusa nel disegno di riforma. Molto dipenderà da una migliore e più ampia definizione delle funzioni del Senato. Per la riforma delle altre istanze – COMITES e CGIE – abbiamo detto finora un po' tutti che sarebbe stato il caso di attendere una più precisa fisionomia dell'assetto generale della rappresentanza e poi mettere mano a quella che ci riguarda. Personalmente ritengo che questa impostazione sia di buon senso e anche utile, perché consente di parlare di queste cose non in una logica di risparmio, e quindi di tagli, ma in un'ottica di coerente riforma. Mi permetto, tuttavia, di chiedere anche agli altri: "Conviene procedere con la tattica del carciofo, prima una foglia, poi un'altra, poi un'altra ancora, oppure in maniera più organica, ridefinendo al meglio l'intero impianto della rappresentanza degli italiani all'estero?"


Più delicata e meritevole d'attenzione mi sembra, invece, l'altra questione, riguardante la ristrettezza dei tempi per la necessaria iscrizione nell'elenco degli elettori. Un emendamento presentato dal gruppo del PD ha portato il termine per iscriversi da 50 giorni a 30 giorni prima delle elezioni, facendo guadagnare tre settimane. Tuttavia, il tempo è effettivamente poco, anche se credo che oltre a questo ci sia in giro anche una certa disillusione per quanto è accaduto in questi anni. Il Governo ha preso in esame anche la possibilità di indire le elezioni entro quest'anno e di svolgerle nella primavera prossima, per consentire una maggiore partecipazione.

La condizione, tuttavia, è quella di non perdere i soldi miracolosamente recuperati nel decreto per fare le elezioni, perché altrimenti questo benedetto rinnovo rischia di non farsi più. Le prime verifiche non sembrano aver dato risultati positivi, ma comunque la cosa sarà chiara la prossima settimana quando alla Camera approveremo in prima lettura la legge di conversione del decreto. Naturalmente, avremo modo di ritornare su questi aspetti sulla base di dati definitivi. Intanto, mentre chiederemo al Governo di far partire al più presto la campagna di informazione istituzionale su RAI Italia e sugli organi di informazione locali, ognuno di noi continui la sua opera di sensibilizzazione perché tutti coloro che sono propensi a votare inviino ai consolati di riferimento il modulo di richiesta di iscrizione nell'elenco degli elettori.


L'altro passaggio significativo di queste settimane saranno, come si diceva, gli Stati generali della lingua italiana nel mondo. Ad oggi, un programma preciso dell'evento non è stato ancora reso noto, sicché anche su di esso torneremo quando avremo maggiori dettagli. Sappiamo già che sarà un momento promozionale, rivolto all'opinione pubblica italiana, non una analitica rassegna di situazioni e di forze in campo, pur opportuna. E' legittimo comunque esprimere per ora almeno un auspicio: non si lasci molto tempo alle declamazioni generali sull'importanza e sulla bellezza della promozione della nostra lingua nel mondo, ma si faccia ogni sforzo per far conoscere le esperienze più significative che si sono realizzate all'estero e si dia un quadro preciso della diversità delle esigenze che si tratta di affrontare e delle eccellenze che si sono raggiunte.


La mia idea è che quando si adottano iniziative di tale impegno, bisogna crederci, non farle tanto per allungare l'elenco delle cose fatte. Questo della cultura e della ricerca delle proprie radici identitarie è veramente un campo pieno di ricchezze nascoste che bisogna avere la capacità e la pazienza di portare alla luce. E non parlo solo della cultura che l'Italia può offrire al mondo, quella classica e rinascimentale e quella moderna che vive nella letteratura, nella musica, nel cinema, nelle arti e in tante espressioni che si sono incanalate nei più avanzati strumenti della multimedialità. Mi riferisco anche alla capacità di ricerca e di produzione che gli italiani all'estero dimostrano con riferimento alla loro storia e alla loro cultura, storia e cultura maturate nei contesti di vita e in dialogo con altre culture e altre storie, personali e di gruppo.

A questo proposito, vorrei richiamare due splendide esemplificazioni che provengono proprio dagli Stati Uniti. La prima è fornita dal suggestivo volume che raccoglie i materiali fotografici presenti nelle collezioni della Library of Congress. Un'opera curata da Linda Barreth e Paolo Battaglia, impreziosita da una premessa di Martin Scorsese e corredata dei testi di Mario B. Mignone e Antonio Canovi. La forza e l'attrattività delle immagini raccontano meglio di mille discorsi quanto profondo e grande sia stato il contributo che gli italiani hanno dato allo sviluppo del più importante paese del mondo nel corso di una lunga parabola che li ha portati a essere, come dice Scorsese, prima italiani nelle little Italy, poi Italian american, successivamente American Italian e infine American. Questo grande retroterra in tempi attraversati da sensibilità interculturali, nei quali abbiamo scoperto il gusto e l'importanza delle differenze pur all'interno di una casa comune, oggi può diventare un bacino prezioso di energie, ispirazioni, identità che ci possono aiutare a far vivere in modo relazionale l'italianità diffusa nel mondo.


L'altro magnifico esempio è dato da una voluminosa antologia di poeti che in tutto il mondo compongono i loro versi in lingua italiana. Parlo di Italian Poets of the Diaspora, a cura di Luigi Bonaffini e Joe Perricone, pubblicato a New York dalla Fordham University Press. Un'opera straordinaria che propone unitariamente le voci di poeti italiani che vivono in tutte le aree di storica emigrazione, dagli Stati Uniti all'Argentina, dal Canada al Brasile, dal Venezuela all'Australia, dalla Germania alla Francia, dalla Svizzera al Regno Unito e ad altri paesi europei. Ogni area linguistica e culturale è presentata da introduzioni critiche di specialisti della materia e ogni poeta da un profilo bio-bibliografico. In più, ogni poema è tradotto in inglese, con un gioco linguistico originale e affascinante.


Dico queste cose per sottolineare quanto grandi siano le potenzialità culturali presenti nelle nostre comunità e quanto l'Italia avrebbe da guadagnare a valorizzarle per riaccreditare la sua immagine nel mondo. Insomma, se si riuscisse ad alzare la testa dalle sofferenze e dalle miserie del presente si potrebbe ricominciare a camminare verso quell'orizzonte di eccellenza che ci compete. Mi auguro che questa semplice e realistica consapevolezza sia presente negli Stati generali della lingua italiana nel mondo.

Source: America Oggi

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